Missioni salvavita. Capitolo 4.
Come sanno i miei quattro lettori, da cinque anni come volontariato trasporto organi umani per trapianto, in particolare cellule staminali e midollo osseo, dall’ospedale del donatore (vivente e volontario) fino all’ospedale del paziente, spesso dall’altra parte del mondo. Potete leggere un mio articolo in cui spiego come funziona il volontariato per il Nucleo Operativo di Protezione civile qui.
I miei viaggi sono indimenticabili per i libri che leggo durante il trasporto e per le persone con cui parlo e che mi aiutano nella mia missione. E per le persone alle quali penso: il donatore e il paziente, due sconosciuti che vivono agli estremi opposti del mondo, i cui destini e materiali genetici saranno uniti per sempre.
Ho tradotto le conversazioni da varie lingue diverse a quella dell’articolo per comodità del lettore. Non come fa Tolstoj a cui non importa nulla se non parli il francese.
Polonia — Malaga e l’alluvione della Dana
Quando dalla centrale operativa del Nucleo Operativo di Protezione Civile mi propongono missioni europee in cui non devo sorvolare continenti e sfidare il tempo, sbuffo trovandole banali e mi lamento che sono troppo facili. Il nostro coordinatore insiste ed io ovviamente le prendo.
Ma, come mi annunciò una volta una sconosciuta cinese sorridendo: “La vita è piena di solplese!”
Parto, quindi, per X in Polonia. Per privacy non possiamo dire da dove trasportiamo. Sulla mappa mi sembra vicina alla città polacca Y in cui atterrerò, per cui molto comoda. Faccio uno scalo in Germania, poi una volta in Polonia scopro che i treni non viaggiano negli orari segnati sul sito, nè in quelli indicati su Google Maps. L’unico modo per sapere l’orario reale dei treni è guardare sul tabellone in stazione. Non un problema oggi, penso, ma domani mentre trasporto dovrò stare molto attenta.
Tiro fuori il libro che mi sono portata in viaggio, “La vita è altrove” di Kundera, e leggo per ore, mentre aspetto, nel viaggio in treno di tre ore, al ristorante specializzato in pierogi, e poi in hotel. Avevo letto lo stesso libro 12 anni prima, quando mio figlio aveva pochi anni, e leggendolo ora con un figlio adolescente lo trovo ancora più straordinario. Il libro parla della vita di un ragazzo e di sua madre. Edipo al ragazzo gli fa un baffo. Leggo il libro e penso che solo un uomo può avere una visione così idilliaca della maternità.
Il giorno dopo mi alzo prestissimo, prendo il ghiaccio del frigo degli organi dal freezer dell’hotel e lo metto a stemperare il freddo di fianco a me mentre faccio colazione. La mattina della missione sono sempre nervosa e intrattabile e di solito non sento mai nessuno, a parte la nostra centrale operativa con cui sono in continuo contatto. Di solito il messaggio standard di risposta se qualcuno mi scrive è “sto trasportando”.
Vado a prelevare in ospedale e scopro che il donatore è un uomo giovane molto gentile “come tutti i donatori, sono sempre persone incredibili”, dice la dottoressa. In effetti, per salvare la vita gratuitamente a uno sconosciuto che non ti potrà mai ringraziare, devi essere una specie di creatura magica. Vado in stazione con un taxi e dico al taxista polacco che il giorno prima i treni non viaggiavano nell’orario scritto online. “Benvenuta in Polonia” risponde lui ridendo. Per cui, aggiungo, dato che devo essere all’aeroporto di Y tra due ore, per favore aspettami fuori dalla stazione cinque minuti: se i treni che ho negli orari non ci saranno, ho bisogno che mi ci porti te. “Che buffo” ride lui “che fretta hai?”. Gli rispondo che nel frigo sto portando il midollo donato da un polacco ed allo stesso tempo l’unica speranza di vita di uno spagnolo. Sbianca e dice “va bene, ti aspetterò”. Trattiamo sul prezzo. Entro in stazione e come previsto il treno segnato online non esiste, dovrei aspettare due ore e perderei l’aereo. Torno di corsa alla macchina e gli dico “partiamo”.
Mentre guida, il taxista mi comunica che gli tremano le mani dall’emozione, il che non mi rende esattamente tranquilla mentre sfreccia veloce in autostrada. Gli dò la mia solita risposta, realizzata pochi anni prima: anche lui sta trasportando organi in ogni momento, i suoi organi interni. Ma l’essere umano si rende conto dell’importanza, del miracolo e della fragilità della vita solo quando è sul punto di perderla. Parliamo un po’ di vita e morte, e poi gli dico che adoro la musica tamarra delle radio polacche, ma che lui tiene il volume basso come mio padre. “Non sono tuo padre!” risponde, alzando il volume alto. Il taxi si trasforma in una discoteca con canzoni dai testi incomprensibili, che sfreccia in un’autostrada in mezzo a foreste di conifere. Quando scendo dal taxi il taxista mi saluta dicendomi: “E’ stato un onore conoscere un angelo”.
Sempre controllando la temperatura nel frigo, se no le cellule muoiono, faccio i controlli di sicurezza: non potendo fare i raggi x al frigo, perchè ucciderebbero le cellule, la polizia di frontiera mi trattiene un’ora per i controlli. Ringrazio ogni divinità del mondo di non aver preso il treno. Avrei sicuramente perso l’aereo. Poi volo verso Amsterdam e purtroppo finisco il mio bellissimo libro. Ogni volta che finisco un libro che amo mi sembra di perdere un vecchio amico.
Ad Amsterdam, ecco la solplesa! All’imbarco per Malaga il pilota ci annuncia che a Malaga c’è la tempesta della Dana, che tutti i voli sono dirottati, che lui non voleva volare ma che la compagnia aerea gli ha detto che doveva farlo comunque, ma anche se volerà ha deciso che atterreremo a Siviglia. Mi metto a guardare online, da Siviglia a Malaga sono due ore di macchina o tre ore di treno, ma leggo anche che tutte le strade sono chiuse e che tutti i treni sono cancellati. Vado a parlare col pilota, che mi dice che c’è poco da fare, di avvertire l’ospedale di mandarmi un elicottero a Siviglia. Rispondo che non accadrebbe mai e lui risponde che nessun folle mi porterebbe in macchina per due ore con le alluvioni. Gli faccio notare allora che la vita del paziente è nelle sue mani: dobbiamo atterrare a Malaga, a ogni costo. Le cellule per il paziente devono essere trapiantate entro la notte. Mi risponde annuendo, guardandomi con lo sguardo profondo e responsabile di chi ha una missione da portare a termine. Rimaniamo tutti in attesa e dopo un po’ di tempo il pilota fa un altro annuncio: “Ho richiesto di fare abbastanza rifornimento per cercare di atterrare a Malaga, per cui andremo verso Malaga e sorvoleremo l’aeroporto varie volte in attesa del momento ideale per scendere. Se non ci daranno il permesso di scendere dovremo atterrare a Siviglia, o in un altro aeroporto. Ma proveremo ad atterrare a Malaga”. Vedo online che l’aeroporto di Malaga è allagato ma vado a ringraziare il pilota che mi dice che ci proverà ma che non può promettere nulla. Chiamo la nostra centrale operativa che mi indica che nel caso atterrassimo a Siviglia o altrove, devo farmi dare un mezzo per arrivare a Malaga entro la notte. Sono le 6 del pomeriggio. Rispondo che ovviamente consegnerò oggi.
Nel volo sviluppo un po’ di odio per dei ragazzi olandesi che pur sapendo del mio bisogno di atterrare a Malaga sperano che il volo sia dirottato verso posti più divertenti tipo Ibiza. Nella mia mente continuo a desiderare “Malaga, Malaga, Malaga!” e loro urlano in coro “Ibiza! Ibiza!”. Il mio nervosismo ha ormai raggiunto il solito picco che mi viene in missione, 100 di stress, dice il mio orologio Garmin. Il pilota annuncia 15 minuti prima dell’atterraggio che stiamo riuscendo ad atterrare a Malaga!
Mentre scendo di corsa dall’aereo il pilota è all’uscita e con un sorriso soddisfatto di chi ha fatto la sua parte per salvare una vita mi dice “Buona fortuna!”. Ringrazio e penso “chissà perchè buona fortuna? Siamo atterrati nella città giusta, ormai è fatta!”
Invece esco fuori dall’aeroporto e vedo tutto allagato e una fila a serpentina di centinaia e centinaia di persone in coda per i taxi. La salto tutta rischiando il linciaggio (non posso urlare le mie motivazioni a tutte quelle persone) e facendomi piccola piccola vado a parlare con un taxista parcheggiato.
“Devo andare all’ospedale X” “Impossibile le strade sono chiuse, portiamo le persone solo qui dietro” “Sto portando un organo per trapianto dalla Polonia, se non consegno stasera sarà da buttare e morirà il paziente” “Non so cosa dirti, le strade sono chiuse e i fiumi hanno invaso tutto, chiedi a chiunque, nessuno ti ci porterà. Fatti mandare un elicottero dall’ospedale” (E daje con sti elicotteri!) Rispondo calma: “I medici non riescono a mandarmi nulla, devo andare in ospedale adesso, se troviamo una strada allagata vedremo che fare, ma ora devo andare, se non mi porti te chiederò a qualcun altro” “Ti ho detto che nessuno ti porterà” “E allora il paziente morirà!” faccio per andarmene a chiedere a un altro taxista. Mi guarda con rabbia. “Sali in macchina” mi ordina.
Ci mettiamo a sfrecciare in silenzio nelle strade chiuse al buio, siamo l’unica macchina in circolazione. Penso che se incontreremo un fiume che taglia la strada chiamerò l’ospedale e in qualche modo troveremo una via di uscita. Vorrei abbassare i finestrini per potere uscire nel caso l’acqua ci travolga, ma il taxista mi sembra talmente sconvolto che non ho il coraggio di muovermi. Nel buio mi accorgo che l’uomo di sessant’anni che prima mi ha risposto scorbutico e con rabbia, adesso sta piangendo e si asciuga le lacrime con la mano mentre guida. Penso che per terza volta nella mia giornata, dopo il taxista a cui tremavano le mani e il pilota che è atterrato in una città alluvionata, ho davanti a me un Uomo immenso. Una persona che trascende le sue paure e il suo istinto di sopravvivenza per salvare una vita, una minuscola parte di umanità. Se noi umani fossimo un macro-organismo, una minuscola parte di sè. I veri eroi non sono le persone a cui non importa di morire, ma quelle a cui importa ma che rischiano comunque. Non è coraggio se non hai paura. Io in quel momento non ho paura. Noi tutti del Nucleo abbiamo affrontato missioni molto più difficili.
“Mi dispiace..” provo a dirgli. Mi risponde piangendo: “Te mi hai forzato! Mi hai detto che se non ti porterò il paziente morirà! Ed ora morirò io!” Noto che della mia vita non gli importa e gli rispondo semplicemente che lo ammiro, e che lo ringrazio.
Facciamo mezz’ora in taxi senza incontrare nessuno. Nessuna macchina della polizia. Nessuna macchina o persona in generale. Nessun fiume che ci travolge all’improvviso.
Arriviamo in ospedale. Pago e scendo di fretta, una folla in attesa chiede al taxista di portarli a casa. “Non sono in servizio!” urla di risposta stravolto, e il mio eroe sale sul taxi e se ne va, solo nella notte.
Arrivo nel reparto di ematologia e l’uomo delle pulizie mi scorta fino all’ambulatorio e chiama il medico. Quando il medico arriva, l’uomo delle pulizie, simpatico come ogni spagnolo, si mette a dire ridendo “Ho salvato un’altra vita! Un’altra vita grazie a me! Questa ragazza stava per andarsene, l’ho fatta aspettare io e le ho dato le indicazioni, solo grazie a me si farà il trapianto! Un’altra vita salvata”. I medici, increduli per il mio arrivo e gentilissimi, mi propongono di restare a dormire in ospedale in un lettino per la notte, perchè fuori è pericoloso. Ringrazio e una volta consegnato vado in hotel a piedi nella città deserta. Sopravvivo, solo la mia valigia rosso sangue, Bloody Mary, arriva in hotel tutta infangata.
Dopo due giorni, la sera sono di nuovo in aereo verso la Germania. Piango silenziosamente per il pericolo corso, per il pericolo che ha corso il paziente inconsapevole, per la fortuna di poter assistere a questo lato di luce dell’umanità. Piango silenziosamente per il periodo difficile che sto affrontando nella mia vita. La mia vicina di sedile, una signora tedesca dell’età di mia madre, mi porge dei fazzoletti e mi accarezza dolcemente la spalla. Iniziamo a parlare e scopriamo che alla mia età lei ha affrontato i miei stessi identici problemi, e mi spiega cosa avrebbe fatto diversamente se avesse potuto tornare indietro e cambiare le cose. Cioè se fosse me adesso. Le dico: “Certo che è proprio un caso strano che tu abbia vissuto le stesse identiche situazioni e che tu sia qui a darmi consigli così precisi”. Lei guarda fuori dal finestrino, dove nel cielo notturno si staglia una luna piena meravigliosa. Risponde: “Non è un caso. Nulla nella vita è un caso. Sono qui a parlarti per un motivo. Guarda che luna incredibile. La vita è magica”.
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